Ebrei di Rodi. Eclissi di una Comunità. 1944-2024

Emigrati prima della deportazione

Nei decenni che precedono la deportazione, la comunità ebraica di Rodi conosce una forte emigrazione che porta alla creazione di piccole comunità di ebrei rodioti in diversi Paesi nel mondo.

Consulta la mappa per scoprire i principali luoghi di emigrazione:

Planisfero del 1947, compilata e disegnata dalla American Geographical Society per il Dipartimento di Stato (American Geographical Society, Public domain, via Wikimedia Commons)

Argentina
Buenos Aires

Brasile

CANADA

Congo belga
Costermansville
Elisabethville
Leopoldville
Jadotville
Stanleyville

Francia
Parigi

Italia
Milano
Roma

Belgio
Bruxelles

Palestina
Gerusalemme

Rhodesia
Salisbury

Spagna

Stati Uniti d’America
Los Angeles
New York
Seattle
Atlanta

Sud Africa
Capetown
Johannesburg

Turchia

Planisfero del 1947, compilato e disegnato dalla American Geographical Society per il Dipartimento di Stato (American Geographical Society, Public domain, via Wikimedia Commons)

Una dinamica migratoria è peraltro già in atto all’epoca dell’Impero Ottomano e si radica nelle caratteristiche stesse del Dodecaneso, le cui isole rappresentano un importante snodo per gli scambi commerciali.

Lucia Franco, nata a Rodi il 17 giugno 1921 e trasferitasi a Coo con il padre Hizkià Behor, la madre Rosa Galante e i fratelli Morris, Salvatore, Nissim e Davide, in un’intervista rilasciata dopo la sua liberazione, ricorda i commerci del padre e il destino dei suoi fratelli. Tranne lei stessa e Davide, gli altri sfuggono alla deportazione poiché emigrati parte in Rhodesia parte in Sud Africa.

Intervista a Lucia Franco di Marcello Pezzetti, Bruxelles, 12 maggio 2004 (Archivio Fondazione CDEC, Fondo Archivio della Memoria)

Israel Fintz Rhodesia
Israel Fintz con un collega in Rhodesia nel 1932. (Archivio Fondazione CDEC, Fondo Menascé Fintz Ester)
Nozze Lucia Leon Salisbury
Nozze di Lucia Leon a Salisbury in Rhodesia il 16 dicembre 1934. (Archivio Fondazione CDEC, Fondo Menascé Fintz Ester)

L’economia delle isole italiane dell’Egeo offre un mercato del lavoro piuttosto limitato, soprattutto dopo la crisi economica internazionale del 1929. Il flusso migratorio si accentua quindi negli anni Trenta del Novecento: molti giovani uomini partono per cercare di migliorare le condizioni economiche del proprio nucleo d’origine, per potersi rendere autonomi e costruire una nuova famiglia, spesso nei paesi di immigrazione.

Alcuni, soprattutto tra le famiglie più facoltose, abbandonano il Dodecaneso per cercare di proseguire gli studi presso le università francesi o italiane.

Alice Tarica, deportata da Rodi con tutta la famiglia di cui è l’unica sopravvissuta, in un’intervista del 2004 ricorda la vicenda della sorella Sol Tarica. Partita a 18 anni per proseguire gli studi a Parigi, rientra a Rodi per sua scelta e appoggiata dallo zio, fatalmente persuaso che l’isola rappresenti un luogo più sicuro rispetto alla capitale francese, dove già si sentivano gli effetti dell’antisemitismo e del Nazismo. Sol viene deportata, assieme a tutta la famiglia e al resto della comunità, il 23 luglio 1944.

Le gravi leggi antiebraiche italiane del 1938, ben presto estese al Dodecaneso, comportano restrizioni sulla proprietà, l’espulsione dalle scuole e dagli impieghi pubblici ed altri provvedimenti vessatori che infliggono un ulteriore ultimo, durissimo colpo all’economia delle famiglie ebraiche delle isole.

Diversi nuclei familiari della comunità ebraica vengono coinvolti ampiamente da tale fenomeno.

Shimon Israel, figlio di Nissim e Signorù Hazan, ha cinque fratelli e sorelle, nell’ordine: Amélie, Berta, Josué, Jacques, Matilde. Man mano che la famiglia si allarga, mancano le risorse economiche per sostenerla, motivo per cui il padre parte per gli USA, dove alcuni parenti della moglie lo aiutano a trovare lavoro come operaio o fattorino. L’intento è di trasferire tutta la famiglia, ma all’ultimo Signorù si rifiuta di lasciare la madre malata e il progetto di trasferimento della famiglia fallisce.

Compiuti sedici anni, allora, Shimon sente di dover fare la propria parte per aiutare la famiglia e dopo un periodo di lavoro a Rodi, nel 1928 parte per il Congo. Parte con altri uomini della comunità ebraica di Rodi: quattro amici, con i quali condivide tutto il viaggio e alcuni adulti che già abitavano in Congo ed erano tornati per visitare le famiglie.

Viaggio Shimon Rodi Brindisi
In nave da Rodi a Brindisi nel 1928. Da sinistra in piedi Shimon Israel, Ruben Franco e Yair Pisanti; seduti Hillel Franco, Giuseppe Franco, Assael Bero e Abramo Alhadeff. (Basset V., Shimon. Enfant de Rhodes et "Roi du Kasai", s.l., [1993], p. 52)

Arrivato a Brindisi, il gruppo si dirige in treno a Parigi e da qui a Bruxelles, dove Shimon ha dei parenti, motivo per il quale il padre aveva scelto per lui questo viaggio così tortuoso. Da Bruxelles si dirigono poi a Londra e da qui a Southampton dove si imbarcano per un lungo viaggio attraverso l’Oceano Atlantico: si fermano a Madeira e proseguono costeggiando la costa occidentale dell’Africa fino a Cape Town. L’ultima tappa li conduce in treno fino a Elizabethville, dove alla stazione Shimon ricorda una folla di parenti, cugini, amici venuti a cercare i nuovi arrivati.

Nel 1937 lo raggiunge la sorella Bertha e dopo di lei Josuè. Shimon cerca quindi di fare arrivare i genitori, ma essendo la madre ormai molto malata, chiedono di accogliere al loro posto la figlia maggiore, Amélie, suo marito e i due figli, che lo raggiungono nel 1939. L’ultimo a partire per il Congo è Jacques. Matilde rimane a Rodi per assistere la madre e viene deportata assieme al padre il 23 luglio 1944.

Stella Levi, essa stessa deportata, figlia di Jehuda Levi e Miriam Notrica, è l’ultima di sette fratelli e sorelle: Morris, Selma, Felicie, Sara, Victor e Renée. Quando nasce, nel 1926, suo fratello Morris è già emigrato negli Stati Uniti con gli zii da circa sei anni. Nel 1930 Selma si sposa ed emigra a New York e nel 1936 la raggiunge Sara. Nel 1939 Victor si dirige in Congo Belga. L’ultima partenza della famiglia riguarda Felicie, che nel 1940 si trasferisce a New York.

La cultura dell’emigrazione è profondamente radicata nella formazione delle nuove generazioni, tanto che una bambina come Stella è proiettata verso tale orizzonte:

Sono molte le famiglie, soprattutto quelle numerose, in cui i fratelli più piccoli nascono quando ormai i maggiori sono già emigrati all’estero.

Alberto Israel, figlio di Rahamim Israel e Signorù Halfon, è l’ultimo di otto fratelli e sorelle: Daniel Bohor, Regina (Malka), Asher, Salvo, Elie, Aron, Giovanna, Alberto. Daniel Bohor parte nel 1925 per il Congo Belga, mentre Asher nel 1927, Salvo nel 1935 e Malka nel 1937. Quando nel 1935 Daniel torna a Rodi per sposarsi Alberto, che ha otto anni, incontra suo fratello per la prima volta. Incontrerà invece il fratello Asher per la prima volta solo dopo la Shoah.

Intervista ad Alberto Israel di Marcello Pezzetti, Bruxelles, [2004] (Archivio Fondazione CDEC, Fondo Archivio della Memoria)
Corteo nuziale di Daniel Bohor Israel e Julia Hasson nella Calle Ancha a Rodi nel 1935 (Rhodes Jewish Historical Foundation Archives; Tratto da: www.rhodesjewishmuseum.org)

Proprio grazie a questo fenomeno e ai nuclei familiari che si formano fuori dalle isole dei Possedimenti italiani, parte della comunità rodiota sfugge alla deportazione, assicurando per il futuro la conservazione delle tradizioni e della memoria dell’ebraismo rodiota.

I giovani uomini che partono per fare fortuna all’estero non perdono la tradizione di sposare donne provenienti dalla comunità ebraica di Rodi. Dopo un periodo di fidanzamento a distanza alcuni vengono raggiunti dalla futura sposa nel paese in cui sono emigrati, altri, soprattutto se ne hanno le possibilità, tornano a Rodi per festeggiare l’unione nella Juderia, formando poi una famiglia nel nuovo paese di residenza.

Per esplorare il monumento

I nomi, elencati in ordine alfabetico, sono suddivisi in 10 fasce orizzontali corrispondenti all’età raggiunta al 23 luglio 1944 per comprendere la composizione demografica della comunità: 0-9 anni | 10-19 anni | 20-29 anni | 30-39 anni | 40-49 anni | 50-59 anni | 60-69 anni | 70-79 anni | 80-89 anni | età non conosciuta.

Coloro che sono sopravvissuti alla deportazione sono indicati con un colore diverso, allo scopo di evidenziare il loro esiguo numero.

Tramite lo strumento di zoom è possibile avere un’immagine più ampia del numero di persone deportate e avvicinarsi fino a distinguere ogni nome.

Usare i pulsanti + / – per lo zoom e scorrere lateralmente usando le frecce o facendo swipe.

Posizionarsi su un nome così da far apparire la scheda sintetica con i dati principali della persona: il tasto “scopri di più” permetterà di accedere alla pagina dedicata al nome selezionato.

La funzione di ricerca, indicata con la lente di ingrandimento, consente di inserire il nominativo cercato, che verrà quindi evidenziato sul Monumento.